L’influenza dell’intento sulla realtà
Esistono diverse teorie scientifiche che cercano di dimostrare l’esistenza effettiva dell’influenza dell’intento sulla realtà. Possiamo iniziare ripercorrendo, superficialmente, alcune nozioni essenziali della storia scientifica recente.
Nei primi decenni del Novecento, studi approfonditi sull’atomo hanno dato origine alla Teoria dei Quanti[1] che, facendo cadere molte delle certezze su cui si basava la fisica classica, ha gradualmente fatto comprendere che la conoscenza della realtà era ben lontana da essere completa. Molti studiosi della fisica moderna dimostrarono che l’universo si presenta più complesso di quanto la fisica meccanicistica l’aveva descritto. Il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia, costatò che nell’universo la relazione tra quanti di energia (fotoni) e particelle di massa (nucleoni) è di circa mille milioni a uno – ciò significa che la materia visibile è soltanto una miliardesima parte dell’universo esistente, e che la materia non è altro che condensazione d’energia.
Abbiamo imparato a scuola che l’atomo è composto da un nucleo intorno al quale girano degli elettroni, e che tra nucleo ed elettroni esiste uno spazio ampio e vuoto; studi recenti dimostrano, invece che, tra nucleo e elettroni in orbita, c’è un campo che circonda e penetra tutte le cose, in maniera onnipresente. Secondo alcuni scienziati, esso potrebbe essere la base originaria della realtà, e fu definito “campo del punto zero” (così chiamato perché persino alla temperatura dello zero assoluto le fluttuazioni minuscole sono ancora rilevabili), o solo “campo”.
Come suggerisce la giornalista Lynne McTaggart:
“Al nostro livello più elementare noi non siamo una reazione chimica, ma una carica energetica. Gli esseri umani, e tutte le cose viventi, sono un’unione di energia in un campo di energia connesso a ogni altra cosa esistente nell’universo. Questo campo di energia pulsante è il motore centrale del nostro essere e della nostra consapevolezza, l’alfa e l’omega della nostra esistenza. Non esiste una dualità ‘io’ e ‘non io’ dei nostri corpi in relazione all’universo, ma un unico campo di energia fondamentale. Questo campo è responsabile per le funzioni più alte della nostra mente, ed è la fonte d’informazioni che guida la crescita dei nostri corpi. I nostri cervelli, i nostri cuori, la nostra memoria sono – in verità, un progetto dell’universo per tutte le epoche. E’ il campo, piuttosto che i germi o i geni, la forza che determina in maniera definitiva se siamo sani o se siamo malati, ed è la forza che deve essere utilizzata per guarire. Noi siamo uniti, connessi e indivisibili dal nostro universo, e la nostra unica verità fondamentale è la nostra relazione con esso. Come aveva espresso Einstein ‘il campo è l’unica realtà’[2].”
Si scoprì che, scindendo la materia sempre più a fondo, si giunge a un punto nel quale le particelle microscopiche non possiedono più le caratteristiche degli oggetti, e non hanno più una dimensione. Ad esempio, non è possibile misurare l’ampiezza di un elettrone, poiché esso non è un oggetto secondo la definizione classica della fisica, come del resto tutte le particelle subatomiche, le quali hanno una natura mutevole, potendo manifestarsi sia come particella sia come onda. Oggi, si è determinato che i fenomeni subatomici non possono essere classificati unicamente o come onde, o come particelle, ma come una singola categoria di fenomeni, che è stata denominata “quanta”:
“Nella fisica quantistica non abbiamo una nozione coerente su quale sia la realtà alla base dell’universo e della struttura della materia. Quindi, se cerchiamo di usare la visione prevalente sulla nozione delle particelle, scopriamo che le “particelle” (come gli elettroni) possono manifestarsi anche come onde, che si muovono in modo discontinuo, che non ci sono leggi che si applicano nel dettaglio al vero movimento delle particelle individuali e che si possono fare solo previsioni statistiche riguardo a grandi aggregati di tali particelle. Se d’altra parte applichiamo la visione per cui il mondo viene visto come un campo continuo, allora scopriamo che questo campo dev’essere discontinuo e anche simile alle singole particelle e che è minato nel suo comportamento effettivo come richiesto nella relazione dell’intero, secondo il punto di vista della particella.[3]”
Secondo una teoria corrente, l’unico momento in cui i quanta si manifestano come particelle è quando li si osserva. Ciò equivale a dire che, utilizzando le parole del fisico Nick Herbert, quando non guardato, il mondo è pari a un “brodo quantico” radicalmente ambiguo e in continuo fluire: ogniqualvolta lo si vede, però, lo sguardo blocca istantaneamente il fenomeno, facendolo tornare alla realtà ordinaria. E’ un po’ come asserire che gli esseri umani non possono sperimentare mai la vera testura della realtà quantica poiché, qualunque cosa osservino, si trasforma in materia.
A tal proposito, il fisico Niels Bohr (1885-1962) aveva fatto notare che, se le particelle subatomiche esistono solamente in presenza di un osservatore, allora il parlare di proprietà di una particella come se essa esistesse prima di essere osservata è privo di logica. Il fisico concluse che se, dunque, l’atto di osservare crea quella realtà, allora le particelle dovevano trovarsi, originariamente, in uno stato di interconnessione (denominato “entanglement” o “correlazione quantistica”) che persisteva anche fra eventi subatomici apparentemente privi di relazione.
Gli esperimenti effettuati, per analizzare il fenomeno dell’entanglement, dimostrarono che:
1. Le particelle sono in grado di comunicare tra di loro trasmettendo ed elaborando informazioni. 2. La comunicazione è istantanea.
Possiamo, dunque, notare che, se facciamo corrispondere le definizioni della Teoria dei Quanti con la filosofia del Tao, possiamo relazionare liberamente il termine “campo” con la manifestazione del Tao; l’’entanglement’ con i principi di interconnessione, dinamismo e risonanza, propri della Legge dei Cinque Movimenti; la descrizione dei quanti con quella del Qi che permea tutte le cose. Se, infine, consideriamo il dualismo onda-particella come gli aspetti opposti ma complementari di Yin-Yang, allora possiamo scorgere strette somiglianze tra le due teorie, come aveva già fatto notare Fritjof Capra (ma anche altri studiosi), nel libro Il Tao della fisica (1982, Ed. Adelphi). Nella meccanica quantistica, le regole del mondo ordinario cessano di funzionare, e cedono spazio a nuove (o antiche!) interpretazioni.
In sintesi, alcuni dei punti fondamentali della meccanica quantistica sono i seguenti:
- Non esiste una realtà obiettiva della materia, ma solo una realtà di volta in volta creata dalle “osservazioni” dell’uomo.
- Le dinamiche fondamentali del micro-mondo sono caratterizzate dall’acausalità (contro il principio di causa-effetto) e non-linearità.
- E’ possibile che, in determinate condizioni, la materia possa “comunicare a distanza” o “scaturire” dal nulla.
- Lo stato oggettivo della materia è caratterizzato da una sovrapposizione di più stati.
L’Esperimento della Doppia Fenditura
Questo esperimento, uno dei più conosciuti della fisica quantistica, ha permesso non solo di dimostrare la dualità onda-particella della materia, ma illustra bene la concezione quantistica, aprendone le porte ad una nuova visione del mondo. All’inizio, Newton riteneva che la luce avesse natura corpuscolare. Nel 1801, Thomas Young concepì il primo esperimento della doppia fenditura, basato su due fasci di luce monocromatica (radiazioni di uguale frequenza) e due fenditure, che ne metteva in evidenza la natura ondulatoria, grazie agli effetti diffrattivi simili alla luce, delle particelle appena giunte ad uno schermo.
L’esperimento di T. Young con la Luce*
| Schema di Esperimento a Doppia Fenditura*
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1° fase: Tra una fonte di luce e una lastra fotografica, si dispone una lamina metallica con una fessura centrale. Con un cannone elettronico, vengono sparati degli elettroni sulla lamina. Alcuni di essi attraversano la fessura e raggiungono lo schermo, altri invece colpiscono solo la lamina. In risultato, sulla lastra compare una fascia che rappresenta la collisione degli elettroni sulla lamina. | 2° fase: Si sostituisce la lamina metallica di una fessura sola con un’altra a due fessure centrali e parallele. Alla fine, al posto di trovare sulla lastra fotografica due strisce, come si sarebbe aspettato, appare invece un modello d’interferenza di più fasci, tipica del comportamento ondulatorio. |
*Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Esperimento_della_doppia_fenditura
Nel 1905, Einstein presentò l’ipotesi dell’effetto fotoelettrico, in cui la luce si comportava come particella. Questo creò una situazione di impasse nella fisica classica, in quanto la luce sembrava presentare una specie di dualismo, apparendo come onda o particella dipendendo dall’esperimento. A partire dagli anni ’60, furono svolti vari esperimenti della doppia fenditura, adottando lastre rilevatrici più sensibili, con una sorgente debole che emetteva fino a un unico fotone (corpuscolo di luce) o elettrone per volta. Il fisico quantistico Anton Zeilinger riformulò l’esperimento di Young, utilizzando molecole al posto di elettroni, e dimostrò che la materia solida non è né qualcosa di stabile, né qualcosa che si comporta sempre secondo le leggi di Newton: le molecole hanno bisogno di un’altra influenza che le fissi in uno stato d’esistenza completo.
Nel 2012, un gruppo di ricercatori austriaci, sotto la direzione di Markus Arndt, utilizzò l’interferometro[4] di Talbot-Lau che fu in grado di dimostrare la dualità onda-particella (della materia e anche della radiazione elettromagnetica), con oggetti vicinissimi al mondo macroscopico – molecole di ftalocianina e suoi derivati – rendendo visibile le manifestazioni ondulatorie in un fascio coerente di particelle.
Questo esperimento suscitò molte domande tra gli scienziati: che cosa avevano sparato sulla lamina, onda o materia? Un aspetto essenziale di questo esperimento è la non conoscenza di quale fenditura la particella abbia attraversato: l’osservazione delle frange d’interferenza[5] ondulatoria è garantita solo nel caso in cui non si aggiungano all’esperimento apparati di misura atti a determinarlo. Quando decisero di installare uno strumento di rilevazione davanti alla lamina, per registrare esattamente quale elettrone sarebbe passato e attraverso quale fessura, gli elettroni si comportarono come particelle, non più come onde, proiettando solo due fasci.
Evidentemente, la particella si comporta in modo diverso non appena viene “osservata” o “misurata”. Se s’interviene, il risultato finale è la scomparsa del comportamento ondulatorio, a favore di quello corpuscolare. Questo effetto motivò Bohr a introdurre il “Principio di Complementarità“, secondo il quale i due aspetti, corpuscolare e ondulatorio, non possono essere osservati nello stesso tempo, in quanto escludentisi a vicenda, ossia il tipo d’esperimento determina il comportamento delle particelle in esso coinvolte. Allo stato di onda, l’elettrone non è più localizzabile nel campo, ma può essere in tanti punti diversi, in uno stato di “sovrapposizione” di due o più onde.
La Funzione d’Onda
Il fisico tedesco Werner K. Heisenberg (1901-1976), ideatore del “Principio d’Indeterminazione“, descrisse i sistemi fisici con le funzioni d’onda probabilistiche, le quali rimangono indefinite fino a quando non si compie un’osservazione, da cui scaturisce un collasso della medesima funzione d’onda.
Prima del collasso, la situazione è completamente sospesa, ma all’osservazione, la funzione d’onda collassa e, in quell’istante, la particella si trova in un posto preciso. Tra una misurazione e l’altra, la particella si dissolve in una sovrapposizione di onde di probabilità, ed è virtualmente ovunque. Heisenberg spiegò la relazione tra il collasso della funzione di probabilità e il processo fisico in sé in questo modo:
“La funzione di probabilità, diversamente dalla struttura matematica della meccanica newtoniana, non descrive un evento determinato, bensì, almeno per quanto riguarda i processi di osservazione, un complesso di possibili eventi. L’osservazione stessa cambia in modo discontinuo la funzione di probabilità. Essa seleziona, tra tutti i possibili processi, quello che effettivamente si è realizzato […] la transizione non è collegata alla registrazione del risultato dell’osservazione da parte della coscienza dell’osservatore.[6]”
L’evento della misurazione colpisce al cuore l’idea newtoniana che l’essere umano è al di fuori di quello che viene osservato. Persino un semplice strumento di misurazione può interagire col sistema misurato e modificarlo. Le conoscenze dimostrate dall’esperimento della doppia fenditura affermano che:
- La luce, oltre ad avere una natura corpuscolare, è anche ondulatoria.
- Anche la “materia” si comporta come onda (potenziale) quando non è osservata/misurata.
- Che la “materia” diventi solida o si trasformi in onda, dipende dalla presenza di un osservatore (o misuratore).
- Quando è onda, diciamo che è in uno stato di “sovrapposizione”, potenzialmente ovunque
- Un osservatore o rilevatore fanno collassare l’onda – in una certa manifestazione potenziale
- Se l’osservatore “guarda” da un’altra parte, la materia si comporta nuovamente come onda.
In conclusione, possiamo distinguere due visioni distinte della realtà, secondo principi diversi:
Immagine Classica del Mondo | Immagine Moderna del Mondo |
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[1] “Quanto” (dal latino quantum che significa quantità): una quantità discreta ed indivisibile di una certa grandezza. In senso lato, il termine è a volte utilizzato come sinonimo di “particella”.
[2] McTaggart L., Il campo del punto zero, Macro Edizioni, Cesena, 2012, p.11-12
[3] Bohm, D., Universo, mente e materia, Red edizioni, 1996
[4] In fisica, l’interferometria è il metodo di misura che sfrutta le interferenze fra più onde coerenti fra loro. L’interferometro è il suo strumento di base che permette lo studio degli effetti delle onde (in particolare elettromagnetiche), tali come lunghezze, distanze e spostamenti dello stesso ordine di grandezza della lunghezza d’onda utilizzata.
[5] Interferenza è il disegno che si costituisce quando due o più onde s’intersecano l’una con l’altra. Se, ad es. gettiamo due sassi in uno stagno, si formerà una serie di onde concentriche in espansione verso l’esterno, che passano l’una attraverso l’altra. Come conseguenza, si creerà una complessa disposizione di creste e avvallamenti, nata in seguito alle collisioni tra le onde, nota come “schema di interferenza”. Ogni fenomeno ondulatorio dà luogo a schemi d’interferenza.
[6] Heisenberg, W.K., Fisica e filosofia, Net Edizioni, 2003, p. 80-81