Trattare i pazienti con Insufficienza Cardiaca più efficacemente includendo il trattamento Osteopatico
L’Insufficienza Cardiaca avviene quando una disfunzione cardiaca rende il cuore incapace di fornire sangue per un’attività ordinaria da una pressione di ‘riempimento’ normale.
In Occidente, l’Insufficienza Cardiaca costa circa il 3% del budget di prevenzione nazionale della salute, dal 60 al 70% di quel costo dovuto a ospedalizzazione.
La terapia medica migliora la sopravvivenza e diminuisce la necessità di ricovero ospedaliero. La percentuale di mortalità in 1 anno è di 10%, in 5 anni è di 50%.
La Medicina Osteopatica può ridurre i sintomi dell’insufficienza cardiaca e il soggiorno ospedaliero, ma può anche aiutare la riduzione farmacologica in modo da limitare la possibilità di malattia iatrogena. L’approccio olistico della Medicina Osteopatica può avere un grande impatto in questa patologia multi-sistemica.
Ci sono state molte pubblicazioni sul trattamento medico dell’insufficienza cardiaca, ma molto poche sull’approccio Osteopatico. Questo articolo riassumerà un approccio Osteopatico per il trattamento dell’insufficienza cardiaca compresa la manipolazione, dieta e esercizio fisico. Grazie a un buono sviluppo di prevenzione con il TMO (Trattamento Manipolativo Osteopatico), gli Osteopati dovrebbero trattare i pazienti con più efficienza e provvedere una cura migliore e completa al paziente.
PATOFISIOLOGIA
Le cause più comuni dell’insufficienza cardiaca sono la coronaropatia e l’ipertensione non controllata. L’insufficienza cardiaca è spesso dovuta a fattori multipli, che comprendono appunto l’ipertensione, sovraccarico di volume, ed ischemia cardiaca. L’insufficienza cardiaca può essere anche il risultato di una disfunzione sistolica o diastolica.
La disfunzione sistolica coinvolge la contrazione depressa che porta alla frazione di espulsione depressa e ad un output cardiaco con dilatazione del ventricolo sinistro. Nella disfunzione sistolica c’è una diminuita capacità di spingere il sangue nell’aorta ad alta pressione.
La disfunzione diastolica produce un riempimento indebolito del ventricolo sinistro con una pressione atriale sinistra normale, che si conclude in una congestione sistemica venosa e polmonare. E’ più comune con l’ipertensione, l’ipertrofia ventricolare e la malattia infiltrativa. Nella disfunzione diastolica, c’è una capacità diminuita di riempimento ventricolare in pressioni diastoliche basse.
La disfunzione del ventricolo sinistro attiva i meccanismi neuroumorali che promuovono i liquidi e la ritenzione idrica. In circostanze normali, ciò rappresenta un meccanismo compensatorio per aumentare il volume di liquido, in modo da aumentare la produzione cardiaca in risposta alla perdita sanguigna. I meccanismi neuroumorali, inoltre, causano vasocostrizione, aumento della resistenza del sistema vascolare e promuovono la ritenzione idrica.
Causato in parte da una reazione autonoma continua e esagerata, un processo compensatorio recente diventa un problema di lunga data, producendo ipertensione, edema e performance sistolica ventricolare sinistra deteriorata. L’attivazione neuroumorale nell’Insufficienza Cardiaca include anche baroricettori, ricettori adrenergici, il sistema renina-angiotensina-aldosterone, il fattore natriuretico atriale e la disfunzione endoteliale. Oltre a questi effetti neuroumorali, l’Insufficienza Cardiaca colpisce anche i reni, il sistema gastrointestinale e muscoloscheletrico.
Il sistema nervoso autonomo innerva l’estremità degli organi che coinvolgono o sono coinvolti dall’Insufficienza Cardiaca. Sotto circostanze normali, dove non c’è patologia, il sistema nervoso autonomo ha un rapporto di “testare ed equilibrare” che permette il corpo di reagire appropriatamente a situazioni specifiche, cioè, a stress normale. Quando vi è una patologia, avviene uno squilibrio che molto difficilmente viene rimesso a posto. Un frequente squilibrio che accade è l’ipersimpaticotonia.
L’innervazione parasimpatica, che va verso il cuore, è mediata del nervo vago. Il vago destro innerva il nodo Seno-Atriale. L’iperstimolazione parasimpatica predispone alla bradiaritmia. Il vago sinistro, quando iperstimolato, predispone il cuore ai blocchi Atrio-Ventricolari.
L’attività simpatica aumenta nei pazienti con Insufficienza Cardiaca, e causa una gravità della malattia. Effetti avversi avvengono sia nella struttura che nella funzione del miocardio. L’aumento del tono venoso e arterioso e la ritenzione idrica e salina, causata dai reni, creano stress alla parete del miocardio.
Le fibre simpatiche si originano da T1 fino T5 o T6, e causano la costrizione della muscolatura liscia del sistema vascolare. Il tono simpatico normale mantiene la maggioranza dei vasi sanguigni alla metà del loro diametro massimo. Mentre un tono simpatico diminuito causa vasodilatazione, un aumento del tono simpatico causa vasocostrizione perciò, aumenta il carico di lavoro cardiaco.
Il tono ipersimpatico è stato implicato come una delle cause dell’ipertensione essenziale. L’attività ipersimpatica può anche ridurre la capacità del flusso linfatico. L’aumento del tono simpatico in pazienti con Insufficienza Cardiaca porta ad una relazione diretta a entrambe serietà della malattia e prognosi.
Le fibre simpatiche interessano anche direttamente il cuore. Le fibre destre innervano il nodo Seno-Atriale. L’iperstimolazione di queste fibre può causare tachicardia sopraventricolare. Le fibre di sinistra innervano il nodo di Atrio-Ventricolare. L’iperstimolazione di queste fibre predispone il corpo a focus ectopico e a fibrillazione ventricolare.
La stimolazione simpatica può aumentare la contrattilità del miocardio, accorciare la sistole, aumentare la richiesta d’ossigeno del miocardio e aumentare i battiti di contrazione senza aumento della pressione cardiaca.
La stimolazione ipersimpatica interessa anche i reni, causando vasocostrizione delle arteriole afferenti, che portano a un aumento del sodio e della ritenzione idrica e all’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone con la sua risposta pressoria. Il tono ipersimpatico riduce anche il flusso della linfa, poiché il diametro del dotto è sotto il controllo simpatico.
L’aumento della stimolazione simpatica causa una vasocostrizione, che non solo alza la pressione sanguigna ma genera anche ritenzione di liquido e sodio portando a edema e a stasi della linfa. La linfostasi cardiaca è importante nella patogenesi di aritmia. I vasi dilatati della linfa causano edema interstiziale e gonfiore edematoso delle miofibrille, causando cambiamenti nei potenziali dell’azione atriale.
Il gonfiore delle miofibrille causa un periodo tenace effettivo accorciato portando a irritabilità, automatismo diminuito del nodo Seno-Atriale e conduzione rallentata Atrio-Ventricolare. Ciò può causare cambiamenti ECG simile alla Sindrome del Seno Carotideo.
Il drenaggio attivo della linfa cardiaca ha dimostrato di salvare il miocardio ischemico e diminuire la dimensione dell’infarto. La congestione linfatica cronica è associata ad un aumento di morbosità, mortalità, fibrosi e cicatrizzazione e ad una diminuzione dell’efficacia della terapia medica.
TERAPIA MANIPOLATIVA OSTEOPATICA
Con la rimozione della disfunzione, gli Osteopati possono agire sul tessuto malato migliorando il rifornimento di sangue, la circolazione linfatica e venosa, il flusso neurologico di impulsi, i materiali trofici e l’ossigenazione.
Gli scopi della Terapia Manipolativa Osteopatica sono quelli di diminuire il carico di lavoro cardiaco, migliorare il tono simpatico per aumentare l’output cardiaco, aumentare i livelli di catecolamine e migliorare il drenaggio linfatico e venoso. La correzione dei segmenti da T1 a T6 diminuirà il tono simpatico del muscolo cardiaco diminuendo, così, il carico di lavoro cardiaco, l’irritabilità cardiaca e lo spasmo del vaso coronario.
Il trattamento Osteopatico dei segmenti da T1 a T12 diminuirà il tono simpatico delle ghiandole surrenali e dei reni. La diminuzione del tono simpatico in questi segmenti causa la dilatazione delle arteriole afferenti dei reni e diminuisce il sodio e la ritenzione idrica.
Il trattamento Osteopatico di O/A, A/A e C2, prime tre articolazioni intersegmentarie del tratto cervicale, può ridurre il tono parasimpatico. Il trattamento di queste aree diminuirà la propensione a bradiaritmie e a blocchi Atrio-Ventricolari.
Una volta che il sistema nervoso autonomo viene trattato, il flusso linfatico deve essere ricostituito. La principale forza di trasmissione nel flusso linfatico è la cassa toracica e l’escursione diaframmatica per produrre pressioni differenziali. In pazienti ospedalizzati, l’escursione diaframmatica toraco-addominale è la principale forza di trasmissione del flusso venoso e linfatico.
E’ importante anche trattare l’inlet toracico e il diaframma pelvico prima di stimolare la pompa linfatica. L’inlet toracico comprende il trattamento da T1 a T4, le coste 1 a 4 ed il manubrio. Il diaframma pelvico dovrebbe essere capace di muoversi sincronicamente con il diaframma respiratorio, per aiutare il liquido linfatico delle estremità inferiori.
Quando si tratta un paziente con Insufficienza Cardiaca, l’integrità strutturale deve essere sempre considerata. Un’andatura anormale può aumentare il carico di lavoro cardiaco del 300%. Perciò il livellamento della base sacrale, in modo da produrre un’andatura più uniforme, potrà migliorare anche l’abilità del paziente di esercitarsi da solo, fattore importante nel trattamento d’Insufficienza Cardiaca.
Il trattamento della disfunzione dell’estremità inferiori è specialmente benefica nei pazienti con Insufficienza Cardiaca Congestiva. Il Trattamento Manipolativo Osteopatico può ridurre la domanda d’energia del paziente ed eliminare la disfunzione strutturale che imita la malattia. Una scoliosi grave con una curva toracica maggior di 75% compromette la funzione cardiaca.
Qualsiasi disfunzione alle coste avrà un effetto avverso sull’ossigenazione tanto quanto sulla circolazione linfatica e venosa. Janet Travell, famoso medico chirurgo Statunitense (1901-1997), menziona anche un punto trigger sotto il bordo inferiore della quinta costa sul petto anteriore destro, che è relazionato alle disritmie cardiache.
Molti metodi diversi sono usati per trattare le disfunzioni somatiche che sono associate all’Insufficienza Cardiaca. I principi di trattamento della componente somatica sono quelli di trattare con molta frequenza, gentilmente e da ripetere a piccoli intervalli.
Si dovrebbe evitare una forza eccessiva quando si mobilizzano i segmenti toracici superiori con rilassamento del tessuto. Ogni trattamento dovrebbe durare solo alcuni minuti. Lo scopo è la riduzione della tensione del tessuto e degli spasmi muscolari nei segmenti liberi. Un valido protocollo è il seguente:
TRATTARE LE DISFUNZIONI SOMATICHE DI:
– Tutte le cervicali, con attenzione a O/A e A/A
– Toraciche superiori
– Area toraco-lombare
– Estremità inferiori
– Pelvi
1. Decomprimere O/A
2. Pompa linfatica nel momento e nel modo giusto
Le tecniche Osteopatiche dovrebbero essere realizzate in quest’ordine per evitare un carico eccessivo di liquido nel paziente con insufficienza cardiaca. La decompressione di O/A aumenterà l’output cardiaco e la funzionalità renale, permettendo, così, la rimozione d’eccesso di liquido.
Vi sono tantissime tecniche Osteopatiche che possono essere usate per trattare pazienti con Insufficienza Cardiaca. L’Osteopata esperto saprà scegliere quale tecnica usare e su quale paziente, proprio come un vestito su misura.
ESERCIZIO
L’esercizio aerobico può aumentare l’output cardiaco e l’utilizzazione d’ossigeno, questi benefici derivano da un aumento nel volume del battito. Vari studi hanno dimostrato miglioramenti nei risultati intermedi: aumento della capacità motoria, diminuzione della dispnea da sforzo e ritardo del metabolismo anaerobico con l’esercizio fisico.
In passato, l’Insufficienza Cardiaca era considerata una controindicazione per la riabilitazione cardiaca. I pazienti non erano coinvolti nella riabilitazione a causa del ritenere che la limitazione primaria alla loro tolleranza all’esercizio fisico era il diminuito flusso sanguigno muscoloscheletrico, causato dell’insufficiente output cardiaco.
I pazienti con Insufficienza Cardiaca spesso hanno una struttura muscoloscheletrica anomala, nonostante il fatto che molti di questi abbiano un flusso sanguigno normale. Il tessuto muscoloscheletrico in questi pazienti è istologicamente e biochimicamente anomalo. Queste alterazioni sono associate alla diminuzione della massa, forza e resistenza.
L’esercizio fisico regolare, fatto da pazienti con Insufficienza Cardiaca, migliora sia la formazione di ossido nitrico endoteliale basale, sia la vasodilatazione antagonista-mediata endoteliale-dipendente dell’apparato muscoloscheletrico. La correzione della disfunzione endoteliale è associata ad un aumento significativo della capacità motoria.
La pratica costante d’esercizio fisico migliora la capacità cardiaca, diminuisce l’attività simpatica e può migliorare la funzione cardiaca. Kiilavouri e colleghi sono stati in grado di dimostrare che la pratica d’esercizio fisico ha “effetti salutari”, che sono stati tradotti in un aumento del componente mediato parasimpaticamente nella variabilità del ritmo cardiaco e anche una resistenza prolungata durante un’attività fisica e un aumento del picco VO2 (picco di consumo di ossigeno). Ciò è stato similarmente riprodotto da Coats e colleghi, che hanno dimostrato uno spostamento dall’attività simpatica ad un aumento dell’attività vagale.
DIETA
Dieta e nutrizione hanno anche ruoli importanti nell’approccio olistico della Medicina Osteopatica. Poiché molti di questi pazienti sono debilitati in gradi diversi, molti dei quali con atrofia muscolare, la nutrizione è essenziale in provvedere energia ai muscoli in movimento. La proteina e l’albumina sono egualmente importanti per mantenere il liquido degli spazi intravascolari e per ritardare l’edema.
L’educazione del paziente con rinforzo frequente è essenziale per guadagnare la condiscendenza del paziente. I pazienti che misurano il loro consumo diario di sodio, si pesano giornalmente e adattano il loro dosaggio di diuretici tendono ad avere un miglior controllo sulla loro patologia. Una riduzione nel consumo di sale, tanto quanto la pratica costante di esercizio fisico, possono diminuire l’effetto di perdita di elasticità delle grande arterie, dovuto all’età.
CONCLUSIONE
In aggiunta alla terapia medica standard, l’Osteopata si trova in una situazione unica per trattare il paziente. Nonostante l’Osteopatia da sola non possa curare l’Insufficienza Cardiaca, essa può comunque contribuire a minimizzare l’impatto di una potenziale malattia debilitante. Ciò può anche permettere di ridurre l’uso di medicine, che potrebbero potenzialmente causare problemi iatrogeni. Ci sono stati tanti grandi progressi farmacologici nel trattamento cardiaco, l’approccio Osteopatico può solo migliorare il trattamento e la soddisfazione del paziente.
TRATTAMENTO MANIPOLATIVO OSTEOPATICO POST-OPERATORIO (TMOPO)
Il TMO post-operatorio è stato creato da due autori (A.H.O-Y., M.S.C.) per alleviare la deformazione anatomica della cassa toracica, causata dalla sternotomia mediana, e per migliorare il meccanismo respiratorio. Col paziente supino, inconscio e farmacologicamente paralizzato, i medici Osteopati realizzano manipolazioni gentili del tessuto miofasciale toracico e della cassa toracica, includendo le tecniche di pompa linfatica localizzata e di rilascio miofasciale indiretto, nel tentativo di migliorare il flusso linfatico, sviandolo dai tessuti congestionati, e di equilibrare la tensione legamentosa. I praticanti del TMOPO usano procedure sterili mentre toccano i pazienti nelle sale operatorie. In Italia, ancor oggi, purtroppo, questa metodica non viene applicata, ma solo negli USA. Anche se con minor efficacia, le stesse tecniche possono venir applicate su pazienti coscienti, usando precisione e delicatezza manuale estrema.
Il TMOPO realizzato su pazienti, sia nell’unità di cura intensiva chirurgica o nella stanza di ricovero, include varie tecniche stabilite nella professione Osteopatica. Per quanto riguarda la sequenza del trattamento, nonostante quella non sia realizzata d’accordo a un protocollo, la similarità delle disfunzioni somatiche acute nel periodo post-operatorio immediato era tale che il trattamento nel paziente è di solito realizzato: prima trattando il rachide e le coste, poi il diaframma seguito dallo esterno, e per ultimo la regione superiore cervicale. Il rilevante stiramento, associato con la necessaria apertura della cassa toracica anteriore e dello sterno, richiedono che la maggior parte del tempo di trattamento sia impiegato nel tratto toracico e nelle coste. Tra le tecniche usate ricordiamo le seguenti:
– Bilancio della Tensione Legamentosa: l’Osteopata posa entrambe le mani sotto la schiena del paziente disteso e contatta il processo spinoso delle vertebre toraciche e delle coste posteriori, cercando la tensione legamentosa. Sono applicate pressioni molto gentili e movimenti piccoli delle vertebre e coste finché non si senta un punto di tensione equilibrata e lo stiramento non si allevia.
– Rilascio miofasciale indiretto dello sterno: l’Osteopata posa una mano sotto il paziente, tra le scapole, e l’altra al di sopra dello sterno del paziente. In alcuni casi la mano sopra lo sterno è posizionata sopra la medicazione dello sterno operato; in altri casi le punta delle dita sono posate in entrambi i lati dello sterno operato. Le mani dell’Osteopata applicano pressione gentile finché non si percepisce il punto di sollievo della fascia.
– Rilascio indiretto del diaframma respiratorio: l’applicazione di questa procedura è simile a quella precedente, ma con le mani dell’Osteopata posizionate più in basso sotto il rachide (nella congiunzione toraco-lombare) e sopra l’area epigastrica-xifoidea. Si applica una pressione gentile finché si sente la tensione miofasciale diaframmatica, facendo seguire il rilascio, come già visto nella tecnica precedente.
– Decompressione occipito-atlantale: l’Osteopata contatta la base posteriore del cranio (occipite) con le dita di entrambe mani e applica una leggera pressione di trazione superiore, posteriore e laterale. Ciò serve a alleviare la tensione tra i condili occipitali e la prima vertebra cervicale (atlante) dentro l’articolazione occipito-atlante.
– Sollevamento della costa: dal capo del lettino, le mani dell’Osteopata scivolano sotto la schiena superiore del paziente, contattando le punte delle coste al livello toracico, T1-T5. Viene applicata una pressione verso l’alto e lateralmente.
– Rilascio fasciale di Sibson: dal capo del lettino, i pollici dell’Osteopata contattano bilateralmente la fascia di Sibson, posteriore alle clavicole e premono caudalmente per stirarla. Si deve aver cura e fare molta attenzione per evitare un disturbo di qualsiasi linea intravenosa.
CUORE NORMALE
Il cuore è un muscolo; la sua funzione è di pompare il sangue attraverso il corpo. Il cuore è diviso in due parti: destro e sinistro. Ogni parte ha due camere: l’atrio e il ventricolo, separati da valvole che permettono al sangue di scorrere solo in una direzione.
L’atrio destro riceve dal circolo venoso il sangue povero di ossigeno. Lo fa scorrere nel ventricolo destro, che lo pompa nei polmoni, per ossigenarlo. Dai polmoni, il sangue arricchito di ossigeno passa, attraversando l’atrio sinistro, nel ventricolo sinistro. Da qui viene pompato nell’arteria aorta e quindi agli organi e ai tessuti, cui apporta ossigeno. Infine, il sangue, attraverso le vene viene riportato all’atrio destro e il ciclo ricomincia.
A riposo, il cuore batte tra le 60 e le 80 volte e pompa circa 5 litri di sangue al minuto. Durante l’esercizio fisico, il cuore può arrivare a pompare sino a 25 litri al minuto.
SCOMPENSO CARDIACO
Nello scompenso cardiaco il muscolo del cuore è indebolito e non riesce a pompare con sufficiente forza il sangue. In altre parole, il sangue affluisce con difficoltà ai tessuti e agli organi, che non ricevono abbastanza ossigeno e nutrienti vitali. La causa più comune è l’infarto miocardico (uno o più) che provoca la sostituzione del tessuto muscolare cardiaco con tessuto cicatriziale. Quasi sempre ciò accade nel ventricolo sinistro.
Il muscolo cardiaco si dilata e l’azione di pompa diviene sempre più difficoltosa. Diminuisce la quantità di sangue che si dirige verso i tessuti attraverso l’aorta e aumenta quello che ristagna nei polmoni. Questa è la ragione delle difficoltà respiratorie.
Questo si nota all’inizio durante l’esercizio, poi anche a riposo, particolarmente di notte, quando il corpo è disteso. Ciò non solo fa sentire le persone particolarmente stanche (diminuisce l’apporto di ossigeno ai muscoli), ma trae in inganno anche i reni portandoli a credere che all’organismo manchi il sangue. Pertanto, i reni trattengono sali minerali e acqua e il risultato è un eccesso di liquidi nell’organismo, che affatica prima la parte sinistra e poi la parte destra del cuore. Quando la parte destra inizia ad avere qualche problema, la pressione cresce nelle vene e i liquidi si accumulano nelle gambe e alle caviglie. Nei casi più gravi anche nell’addome, con conseguente senso di gonfiore e perdita di appetito.
Un’altra causa frequente di scompenso cardiaco è la pressione elevata, per lungo tempo. Ciò porta all’ispessimento della muscolatura del ventricolo sinistro, che diventa meno flessibile e pompa con minore efficienza. Se non si interviene riducendo la pressione, il muscolo cardiaco diventa sempre più spesso. Le conseguenze sono le medesime descritte a proposito dell’infarto.
Anche se lo scompenso cardiaco è una malattia grave, migliorando il proprio stile di vita, prendendo i farmaci prescritti dal medico o sottoponendosi a specifici interventi chirurgici, è assolutamente possibile vivere bene e tranquilli.
Giovanni Turchetti
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