Considerazioni sui processi omeostatici e allostatici
Da quando il lavoro pionieristico di Hans Selye ha coniato la parola “Stress“, essa è diventata popolare in tutto il mondo. Tuttavia, nonostante la grande quantità di ricerca scientifica da essa generata in questo campo, il termine stress ha espresso una difficoltà fin dal suo primo utilizzo.
Questo termine ha assimilato molti significati diversi, che lo fa diventare controproducente da inibire una corretta applicazione e interpretazione critica.
Lo stress è stato, maggiormente, associato a eventi negativi e le sue conseguenze sulla salute fisica e mentale. Non vi è, tuttavia, nessuna giustificazione per l’ipotesi che l’espressione delle risposte allo stress sempre compromettano la salute e/o il benessere. Invero, gli aspetti funzionali dello stress sono stati troppo spesso trascurati.
Il paradosso dello stress risiede nella simultaneità della sua natura adattativa e le sue possibili conseguenze male-adattative. Per tutta la progressione delle teorie dello stress, emerse l’idea che la capacità di mantenere un’applicabilità interna, nonostante eventi di stress estremi o inaspettati, non potesse essere prodotta solamente dall’Omeostasi (Sterling e Eyer, 1988).
Omeostasi
L’Omeostasi rappresenta la stabilità dei sistemi fisiologici che mantengono la vita, e viene applicata rigorosamente ad un numero limitato di sistemi tali come pH, temperatura corporea, livelli di glucosio e tensione di ossigeno, i quali sono veramente essenziali per la vita, e sono dunque mantenuti in un intervallo ottimale per la vita corrente.
Pertanto, l’Omeostasi controlla i “punti di regolazione[1]” del corpo: glucosio, ossigeno ematico, pH sanguigno. Quando, però, l’organismo si trova esposto a eventi inaspettati e rigidi, come la caduta rapida della temperatura, o prolungate temperature severe, esso deve reagire e, perfino, predire questi eventi per adattarsi e sopravvivere.
Il processo dell’Omeostasi può solo aggiustare i punti di regolazione nel corpo, entro il regno di un continuum normale. Eventi che sono importanti o prolungati spostano l’organismo dalla risposta omeostatica ad un insieme ausiliare di processi adattativi (Sterling e Eyer, 1988). Quindi, l’adattamento ad un normale flusso di punti corporei di regolazione è un processo, mentre l’adattamento a cambiamenti inaspettati o prolungati induce ancora un altro sistema relazionato di processi fisiologici, in concerto con l’Omeostasi.
Questa situazione porta alla necessità di spiegare processi fisiologici e comportamentali che avvengono al di là delle normali fluttuazioni quotidiane. Ciò richiede non solo una descrizione del processo che si svolge oltre l’Omeostasi, ma anche una spiegazione di come tale processo possa divenire disfunzionale e portare alla malattia.
Negli anni ’80, per evitare le ambiguità del modello omeostatico, molti ricercatori svilupparono varie teorie per meglio spiegare le disfunzioni associate allo stress da male-adattamento; in particolare, hanno proposto il modello Allostatico, così da poter risolvere le sue evidenti limitazioni.
Omeodinamica
L’Omeodinamica è definita come “un ambiente costante ottenuto attraverso una serie di aggiustamenti dinamici” (Prof. T. Seeman, Geriatrics, UCLA – UCB alumna). Questo concetto moderno era già stato espresso nella Medicina Tradizionale Cinese, ampiamente basata sui principi Yin e Yang – complementari e opposti e in costante equilibrio dinamico – della filosofia del Tao che, fondamentalmente, rispecchia le osservazioni delle Leggi della Natura.
Questa necessità di un continuo aggiustamento dinamico dei sistemi è profondamente implicata nel termine “allostasi”, che enfatizza il dinamismo adattativo in risposta allo stress.
Teoria dell’Allostasi
“Allostasi è un paradigma per spiegare l’insorgenza di una patologia.” (Sterling & Eyer, 1988)
Allostasi è una parola coniata da Sterling e Eyer nel 1988, per descrivere un processo addizionale per ristabilire l’Omeostasi, ma un processo che risponda ad una sfida, piuttosto che ad un flusso quotidiano. Essa è definita come il processo adattativo per mantenere attivamente la stabilità attraverso il cambiamento.
Rappresenta la capacità dell’organismo di mantenere la stabilità dinamica in vari sistemi fisiologici (SNA, asse HPA, cardiovascolare, metabolico, immunitario), in risposta a richieste interne e esterne (ad es., rumore, fame, temperature estreme). Questi sistemi sono progettati per operare all’interno di un ampio raggio d’azione, attraverso una costante modificazione dei punti di regolazione.
Si tratta di un processo che supporta l’Omeostasi, cioè quei parametri fisiologici essenziali per la vita sopra definiti, come ambiente e/o storia delle fasi della vita. Ciò significa che i punti di regolazione, e gli altri confini di controllo, devono anch’essi cambiare.
Il cervello svolge un ruolo centrale nell’Allostasi: controllando tutti i meccanismi contemporaneamente, il cervello può far valere il suo comando e incorporare fattori influenti, come l’esperienza, i ricordi, l’anticipazione e la rivalutazione delle esigenze del momento, in previsione delle necessità fisiologiche.
L’Allostasi è importante sia durante gli eventi imprevedibili, ad es. conflitto in gerarchie sociali, la concorrenza per le risorse, le tempeste e le calamità naturali; sia durante gli eventi prevedibili, ad esempio i cambiamenti stagionali, che attivano la migrazione e la sospensione.
L’idea centrale è che il prezzo che il corpo deve pagare si verifica se i mediatori dell’Allostasi – ormoni adrenali, neurotrasmettitori, citochine immunitarie ecc. – sono rilasciati troppo spesso o se sono gestiti in maniera inefficiente, perché costretti ad adattarsi a situazioni avverse. Tale prezzo viene denominato “carico allostatico“.
Vi sono mediatori primari dell’Allostasi quali, ma non solo, gli ormoni dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), catecolamine e citochine. L’Allostasi chiarisce anche l’ambiguità insita nel termine Omeostasi, e distingue tra i sistemi che sono essenziali (Omeostasi) e quelli che mantengono questi sistemi in equilibrio (Allostasi), come ambiente e fasi della vita.
Notiamo, tuttavia, che un altro aspetto dell’Omeostasi è la funzione di coordinamento dei processi fisiologici, che mantengono la maggior parte degli stati stazionari dell’organismo. In questa interpretazione, Omeostasi e Allostasi potrebbero significare quasi la stessa cosa. Il motivo per cui ciò non è così, è che il concetto di “stato stazionario” è di per sé vago e non si distingue tra i sistemi essenziali per la vita e quelli per mantenerli. Inoltre, esso non distingue le modifiche dello stato che consentono la riproduzione e altri processi del ciclo vitale, e che non sono necessari per la sopravvivenza immediata.
[1] Fonte: McEwen B with EN Lasley.2002. The End of Stress As We Know It. Joseph Henry Press: Washington, D.C.
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